Nei lunghi pomeriggi in Vila Gandhi sovente mia madre mi raccontava storie di un popolo fiero, amante della natura, che viveva avvolto nella vibrazione del cosmo: era il popolo della tribù Tupy, arrivati lungo le coste dell’odierno Brasile, venuti da mondi lontani lasciandosi trasportare dalle corrente marine.
Erano un piccolo gruppo di anime in cerca di un angolo della terra in cui poter vivere in pace, inseguendo il flusso delle energie cosmiche, e dunque avevano abbracciato la filosofia cosmologica, che non è una religione e nè tanto meno una setta, ma un modo di affrontare la vita in totale armonia con la natura e con tutte le sue creature.
Questo era il loro proposito, rispettare la scelta dell’anima venuta a dimorare in un ambiente solido, esperienza che le avrebbe permesso di innalzare in eccelso lo spirito rimasto nella città di luce sotto forma di vibrazione, dunque attraverso l’esperienza corporea l’anima avrebbe potuto conoscere l’istinto primordiale del regno animale: la lotta per la sopravvivenza!
L’anima Tupy aveva un solo scopo; rispettare il desiderio dello spirito incarnato.
Difatti nella cultura Tupy l’entità superiore viene definita spirito, la definizione anima è stata introdotta tra i Tupy attraverso la cultura cattolica durante l’occupazione per l’indio e civilizzazione per gli Europei.
Dunque i Tupy credono fermamente d’essere venuti da un giardino fiorito dai colori forti, che si condensano e si trasformano in vibrazione che illumina il tutto con una luce intensa ma allo stesso tempo accogliente, un luogo ove il silenzio è un inno celestiale intonato dal canto degli uccelli nella quiete infinita, ove le anime comunicano attraverso il pensiero e camminano come se fossero proiettate su un enorme schermo cosmico, senza mai scontrarsi.
In questa città-giardino le anime arrivano passando attraverso un lungo tunnel: all’uscita, in un enorme piazzale le attende un’anima-bambino e le accompagna in un grande corridoio ove in fondo maestoso su un trono attende il patriarca, colui che sa come è stato il trascorso dell’anima all’interno della sostanza solida. Tuttavia la sua espressione paterna e misericordiosa provoca una sensazione di pace assoluta, di beatitudine totale.
Il popolo Tupy crede fermamente d’essere figlio delle stelle, con un profondo legame con la terra in quanto si sentono anche figli della natura, legati nelle viscere della terra attraverso le radici dell’albero che riconoscono come madre.
Già allora il popolo Tupy conosceva l’esistenza delle città di luce, infatti in una bella leggenda sulla loro nascita si narra di un’esplosione cosmica che catapulta sulla foresta dei frammenti di stella: in uno di questi piccoli frammenti cade a terra la prima madre guerriera.
Nella foresta ancora muta, senza vita, la prima madre guerriera, la madre cosmica, deve trovare l’albero sacro e da uno dei suoi rami modellare la prima madre umana, colei che avrebbe dato la vita al popolo Tupy – per questo il popolo Tupy si considera figlio delle stelle e dell’albero sacro e per questo si considera guardiano della natura sacra.
Il loro essere selvaggio era stata una scelta consapevole, avevano scelto la vita tra la natura cibandosi di frutti e radici, in totale congiunzione tra umano, natura e divino.
Erano riusciti a domare l’ego della lussuria, della violenza e dell’egoismo, mentre il mondo era alle prese con le guerre e la sopraffazione dell’uomo sull’uomo: l’Europa era ridotta alla miseria umana, la peste e la fame decimava la popolazione, stretta nella morsa dell’oscurantismo della religione diventata il terrore per tutti coloro considerati pagani dalla sacra inquisizione.
Dall’altra parte del mondo un popolo, avendo domato la malizia, si copriva dalla cintura in giù mentre le donne con i seni scoperti dimostravano la natura creatrice e nutrice della donna, in una tribù che si riconosceva in un ordinamento matriarcale.
Tutt’ora nelle campagne brasiliane le donne di discendenza indio allattano il bambino ovunque si trovano, con totale naturalezza, nonostante fosse stato proibito durante l’indottrinamento.
La loro devozione nella totalità della vita e il loro candore è stata la loro condanna, solo cosi si può spiegare l’accanimento verso di loro con la sola pretesa di cancellarli del tutto dalla storia dell’umanità.
MA CHI ERANO I TUPY?
I tupy sono un popolo che si riconosce nel ‘Ypykuera, nell’idioma Tupy “ancestrale”, è un popolo che proviene da ancestrali memorie, difatti sono stati ritrovati in varie parti del Brasile dei siti archeologici di “sambaqui”, resti che confermano la presenza dei tupy nella zona sin dalla lontana preistoria.
Il più antico ritrovato finora è situato sul margine del fiume Ivai e secondo gli storici risale a circa settemila anni fa, dunque conferma la tesi di mia madre secondo cui l’arrivo del popolo Tupy in America risale all’incirca ad ottomila anni fa.
Nell’epoca dell’invasione per i Tupy, civilizzazione per gli europei, i Tupy erano il popolo più numeroso; dopo venivano i Ges e altri sotto gruppi meno numerosi, tuttavia si stima che all’epoca dell’invasione gli indios in Brasile erano all’incirca nove milioni. Oggi se ne contano pochi, più di settemila con la spartizione delle terre. I popoli sono stati divisi dalle frontiere, le tribu e perfino le famiglie sono state divise dai confini, ciò ha creato il primo smarrimento e l’inizio della loro perdita totale d’appartenenza ai luoghi e alla cultura; in seguito l’indottrinamento ha dato il colpo di grazia, sostituendo la cultura Tupy con la cultura cattolica che proibì tutte le cerimonie, considerate manifestazioni del diavolo: perfino la cerimonia di JURIPARE, il culto più diffuso tra gli indios, e nonostante sia stato difficile, alla fine è stata annientata dai Gesuiti che ricorsero alla paura del diavolo cristiano accusando Juripare di essere un demone..
Il culto di Juripare era una cerimonia in cui tutti partecipavano mascherati; ciò aveva lo scopo di annullare l’identità corporea affinché, attraverso la danza al ritmo di tamburo, si ritornasse alle ancestrali memorie, al primo battito ritmato della vita, momento in cui l’anima perde la cognizione della sua bio memoria per entrare nel corpo solido. Cosi attraverso il battito scandito del tamburo si consentiva la fusione del respiro dello spirito con la pulsione del cuore di nostra madre: era un cerimoniale di vitale importanza per i Tupy, era il loro canale di connessione con il cosmo, e proibendo questa cerimonia hanno ucciso l’anima Tupy e annichilito la loro mente che, svuotata delle ancestrali memorie spirituali, non ebbe più la forza di lottare per la libertà del loro corpo, lasciandosi trascinare nel baratro dei vizi portati dai colonizzatori Europei.